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venerdì 28 marzo 2025

Polizze Catastrofali: Proroga dell'Obbligo al 31 Ottobre 2025, ma Resta una Beffa per le Imprese Italiane.


Ancora una volta, il governo italiano dimostra la propria incapacità nel gestire le emergenze economiche e legislative con lucidità e pragmatismo. L’obbligo di stipulare una polizza assicurativa contro le catastrofi naturali, inizialmente previsto per il 31 marzo, slitta ora al 31 ottobre 2025. Un rinvio che non risolve il problema ma lo trascina nel tempo, aumentando l’incertezza per oltre 4 milioni di imprese italiane già alle prese con una crisi senza precedenti.

Un'Imposizione Mascherata da Protezione

La misura, prevista dall’articolo 22 del Decreto-Legge n. 104/2023, che avrebbe dovuto offrire una maggiore sicurezza economica alle aziende in caso di calamità naturali, si è rivelata fin da subito un’imposizione sconsiderata e mal calibrata. Il costo delle polizze, che può raggiungere i 12.000 euro annui, si trasforma in un vero e proprio salasso per le piccole e medie imprese, già schiacciate da un’inflazione galoppante, dall’aumento dei costi energetici e dalla crescente difficoltà di accesso al credito.

Non solo. La normativa presenta lacune clamorose: non chiarisce quali fenomeni siano coperti, non prevede alcun rimborso per le merci danneggiate e, ciliegina sulla torta, impone una tassa occulta del 22% sui premi assicurativi, incassata direttamente dallo Stato. Una manovra che, piuttosto che tutelare le aziende, le trasforma in bancomat per l’erario.

Un Rinvio che Non Risolve Nulla

L’emendamento presentato da Fratelli d’Italia per posticipare l’obbligo al 31 ottobre 2025 è stato accolto con un sospiro di sollievo dalle associazioni di categoria, ma la verità è che si tratta solo di un palliativo. Le criticità strutturali della norma restano inalterate: l’obbligo non viene eliminato, ma semplicemente rinviato, senza alcuna garanzia che nel frattempo vengano introdotte misure di sostegno o agevolazioni per le imprese.

Matteo Ricci, europarlamentare del PD, ha definito la misura una "tassa occulta" e ha evidenziato come essa penalizzi soprattutto le imprese localizzate in aree ad alto rischio, come le Marche, l’Emilia-Romagna e la Toscana, già colpite da alluvioni devastanti. A peggiorare il quadro, l’incoerenza del governo, che da un lato nega il cambiamento climatico e dall’altro impone polizze obbligatorie per proteggersi da eventi estremi. 

Ma la questione è più complessa di quanto si voglia far credere. Molte di queste catastrofi, più che da fenomeni naturali incontrollabili, derivano dall’incuria e dalla mancata manutenzione di infrastrutture come viadotti e argini fluviali.

 Ad esempio, in Emilia-Romagna, le esondazioni di fiumi e torrenti sono state attribuite non solo alle intense precipitazioni, ma anche alla scarsa manutenzione degli argini fluviali (https://www.teleambiente.it/alluvione-emilia-romagna-report/). In Sicilia, la combinazione di siccità e alluvioni ha colpito gli stessi territori in tempi successivi, evidenziando la vulnerabilità legata alla gestione del territorio. (https://indicatoriambientali.isprambiente.it/it/pericolosita-da-alluvione/eventi-alluvionali)

Il tessuto imprenditoriale italiano, composto in larga parte da piccole e medie imprese, viene nuovamente messo alla prova con una politica che favorisce le compagnie assicurative a discapito dell’economia reale. Il governo avrebbe potuto adottare un approccio più equo, introducendo incentivi fiscali o creando un fondo pubblico per sostenere le imprese nelle aree più vulnerabili. Invece, ha scelto la via più semplice: obbligare gli imprenditori a pagare, senza offrire alcuna contropartita. 

Conclusione: Un Governo che Gioca d’Azzardo con l’Economia

Il rinvio dell’obbligo delle polizze catastrofali è solo una tregua temporanea in una battaglia che, senza soluzioni concrete, rischia di penalizzare gravemente l’intero comparto produttivo del Paese. Invece di scaricare costi e responsabilità sulle aziende, il governo dovrebbe investire in un piano strutturale per la prevenzione e la gestione dei disastri naturali. Ma, come sempre, si preferisce la strada della burocrazia inefficace e delle imposizioni fiscali mascherate da misure di tutela. Le imprese italiane meritano di meglio.

È davvero questa la strada giusta per il nostro Paese? Non sarebbe più sensato puntare su una manutenzione adeguata delle infrastrutture e una gestione più responsabile del territorio per ridurre i danni? E fino a che punto le sperimentazioni di geoingegneria stanno aggravando la situazione anziché risolverla? Spunti su cui riflettere.

Ecco l'ntervento di Paolo Zabeo coordinatore ufficio studi CGIA Mestre

domenica 16 marzo 2025

CONTROLLI SU PMI: UN LABIRINTO DI BUROCRAZIA E OSTACOLI INSOSTENIBILI

Essere imprenditori oggi in Italia significa affrontare ogni giorno una sfida che va ben oltre la gestione del proprio business. Il vero nemico non è solo il mercato o la concorrenza, ma un sistema di controlli e burocrazia che rischia di soffocare le piccole e medie imprese. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre, una PMI potrebbe essere soggetta fino a 130 controlli all’anno da parte di ben 22 enti diversi. Una media impressionante: un controllo ogni tre giorni.

PMI SOTTO ASSEDIO: IL PESO DELLA BUROCRAZIA

Chi lavora nella legalità e rispetta le regole viene spesso sottoposto a un controllo continuo e asfissiante. Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, INPS, INAIL, Ispettorato del Lavoro, Vigili del Fuoco, Comuni e molte altre autorità possono ispezionare le aziende su diversi fronti: fisco, sicurezza sul lavoro, normative ambientali, contratti e adempimenti amministrativi. Il paradosso è che, mentre le imprese regolari vivono sotto la lente d’ingrandimento, chi opera nel sommerso ha molte più probabilità di sfuggire a questi controlli.

Negli ultimi dati disponibili, solo nel 2023, tra verifiche fiscali, accertamenti, ispezioni e lettere di compliance, sono stati coinvolti circa 4 milioni di contribuenti, per la quasi totalità possessori di partita IVA. La percezione diffusa tra gli imprenditori è quella di essere costantemente nel mirino, con il rischio di sanzioni anche per errori formali dovuti alla complessità delle normative.

UN SISTEMA CHE FRENA IL LAVORO E RIDUCE I GUADAGNI

Un’impresa dovrebbe concentrarsi sulla crescita, sull’innovazione e sulla creazione di posti di lavoro. Invece, molte piccole attività passano più tempo a gestire scartoffie e a difendersi da controlli che spesso si sovrappongono. L’enorme quantità di normative, spesso contraddittorie, rende quasi impossibile essere sempre in regola. Il rischio? Un imprenditore può trovarsi sanzionato non per dolo, ma per difficoltà nel districarsi tra le innumerevoli leggi e regolamenti.

In Europa, la situazione italiana appare particolarmente pesante. Tra il 2019 e il 2024, nell’Unione Europea sono state approvate 13.000 nuove norme, mentre negli Stati Uniti, nello stesso periodo, ne sono state promulgate appena 5.500, di cui 2.000 a livello federale. Un divario che evidenzia il peso della burocrazia europea rispetto ad altri sistemi economici.

LE QUATTRO AREE PIÙ COLPITE DAI CONTROLLI

L’analisi della CGIA di Mestre ha suddiviso i controlli in quattro macro-aree:

  • Ambiente e sicurezza sul lavoro: fino a 67 controlli possibili da parte di 13 enti differenti. Riguardano impianti, gestione dei rifiuti, scarichi, antincendio e formazione obbligatoria.
  • Fisco: 30 ispezioni da parte di 6 enti diversi, con verifiche su imposte, IVA, dichiarazioni e adempimenti contabili.
  • Contrattualistica e lavoro: 21 controlli da parte di 4 enti per verificare assunzioni, contributi, sicurezza e contratti.
  • Aspetti amministrativi: 11 possibili verifiche condotte da 9 autorità tra Comune, Regione, Camere di Commercio e altri enti.

SERVONO MENO BUROCRAZIA E PIÙ SEMPLIFICAZIONE

Il sistema attuale non fa altro che scoraggiare gli imprenditori e ridurre la competitività delle PMI italiane. La soluzione? Semplificare le normative, ridurre le sovrapposizioni tra enti, digitalizzare i controlli per renderli meno invasivi e prevedere strumenti di assistenza anziché solo sanzioni. Anche l’Unione Europea si è resa conto dell’eccessiva mole di regolamentazioni e ha promesso interventi per ridurre i costi amministrativi per le imprese.

Il messaggio degli imprenditori è chiaro: vogliono lavorare, crescere e contribuire all’economia, ma per farlo hanno bisogno di regole più chiare e di uno Stato che sia un alleato, non un ostacolo.

Sentiamo ora il servizio trasmesso su Radio Idea e le emittenti del circuito Airplay con il parere di Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre.

Paolo Zabeo

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