Una differenza significativa che fotografa con chiarezza la sofferenza economica di chi lavora in proprio, spesso senza tutele, ammortizzatori sociali o garanzie. Mentre negli ultimi anni il potere d’acquisto dei salari dei dipendenti ha subito un calo sensibile, per le partite IVA il peggioramento è stato ancora più drastico. Complice una contrazione dei fatturati e l’aumento dei costi di gestione, il tenore di vita degli autonomi ha vissuto una netta regressione.
Alcuni potrebbero avanzare dubbi sulla veridicità dei redditi dichiarati dagli autonomi, ma l’indicatore “rischio povertà o esclusione sociale” non si limita ai dati fiscali. Include anche chi vive in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, o in famiglie a bassa intensità lavorativa. Una fotografia, dunque, più ampia e articolata.
Oltre 5 milioni di partite IVA, metà operano in regime forfettario
Oggi in Italia si contano circa 5,17 milioni di lavoratori indipendenti. Quasi la metà rientra nel regime forfettario: attività senza dipendenti, con un’organizzazione minima e fatturati annui sotto gli 85 mila euro. Si tratta spesso di giovani, donne e persone in età avanzata – soprattutto nel Mezzogiorno – che lavorano a singhiozzo, in modo precario, con scarsi guadagni e senza tutele. Per molti di loro, riuscire a riscuotere quanto spetta è già una sfida.
Dal 2003 a oggi, -30% sul reddito degli autonomi
Secondo i dati CGIA, negli ultimi vent’anni il reddito reale delle famiglie con capofamiglia autonomo è sceso del 30%. Per i dipendenti il calo è stato dell’8%, mentre per i pensionati la situazione è rimasta pressoché stabile. Le ragioni di questa crisi sono molteplici: crisi economiche, contrazione dei consumi, concorrenza della grande distribuzione e dell’e-commerce. A farne le spese sono state soprattutto le micro attività, spesso a conduzione individuale.
E i dazi? Un rischio indiretto anche per gli autonomi
Anche l’introduzione di dazi, come quelli annunciati negli USA, può danneggiare indirettamente gli autonomi italiani. Se queste misure dovessero frenare la crescita economica o alimentare l’inflazione, le fasce più fragili del lavoro autonomo potrebbero pagarne il prezzo. È dunque urgente sostenere la domanda interna, accelerare la piena attuazione del PNRR e proseguire nella riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese.
13,5 milioni di italiani in difficoltà economica
Secondo l’analisi CGIA, nel 2024 sono ben 13,5 milioni le persone a rischio povertà o esclusione sociale in Italia, pari al 23,1% della popolazione. Il dato è allarmante soprattutto nel Mezzogiorno, dove vive il 57% dei soggetti in difficoltà. La Campania è la regione con il maggior numero di persone coinvolte (2,4 milioni), seguita da Sicilia, Lazio e Puglia. Ma se si guarda alla percentuale sulla popolazione residente, è la Calabria a guidare questa triste classifica con un preoccupante 48,8%.
Le categorie più colpite: pensionati e lavoratori autonomi
Nel confronto tra le diverse fonti di reddito familiari, i pensionati sono i più esposti (33,1% a rischio), seguiti dagli autonomi (22,7%) e dai dipendenti (14,8%).
La forbice sociale si allarga, e la povertà tocca anche chi lavora. Serve, oggi più che mai, una nuova attenzione per chi è rimasto indietro.
Ascoltiamo ora il servizio di Miriana Catacchio e il parere di Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi CGIA di Mestre.