ROMA, 18 SET - “Il discorso pronunciato da Ursula Von der Leyen alle associazioni produttive tedesche non è solo surreale, è pericoloso. Mentre l’intera filiera dell’automotive, a partire proprio da quella tedesca, è sull’orlo del collasso a causa della follia green imposta dalla Commissione che presiede, la presidente Von der Leyen ha concentrato il proprio intervento sulle rinnovabili e sul nucleare, senza dedicare una sola parola alla crisi più grave che sta travolgendo l’industria europea. Non è possibile continuare ad ascoltare proclami ideologici mentre il settore dell’auto, che vale milioni di posti di lavoro e rappresenta uno dei pilastri della manifattura europea, sta morendo sotto il peso di regolamenti insostenibili e scadenze irrealistiche”.
Lo ha dichiarato il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo, a margine dell’incontro della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, con gli industriali tedeschi.
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“Torniamo a chiedere al governo italiano di ribellarsi a questo Green Deal che sta distruggendo il tessuto produttivo del Paese. Servono scelte coraggiose, non la cieca obbedienza a direttive che rischiano di fare la fine delle imposizioni di Bruxelles sul vaccino obbligatorio: ricordiamo tutti l’ammissione dell’allora premier Giuseppe Conte che definì un errore quella scelta. Non possiamo permettere che si ripeta lo stesso copione, con la differenza che questa volta in gioco non è soltanto la libertà dei cittadini, ma la sopravvivenza stessa delle nostre imprese. Confimprenditori ribadisce con forza che l'Italia deve immediatamente smarcarsi da questa follia ideologica, difendere la propria manifattura e garantire futuro e lavoro a centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che ogni giorno tengono in piedi l'economia reale, prima che sia troppo tardi”. Leggi anche l'altro nostro articolo: https://magazine.ideanews.org/2025/07/italia-allincrocio-tra-green-deal-e.html
«Il bilancio europeo 2028–2034 è un bivio storico. L’Italia, che finora ha mostrato un cuore di panna verso l’Ue, non può limitarsi a prenderne atto: deve condizionarlo… Se il prossimo bilancio non prevede la cancellazione definitiva del Green Deal e un piano industriale strutturato per il rilancio dell’automotive, il governo italiano non deve firmarlo».
Lo ha dichiarato Stefano Ruvolo, presidente di Confimprenditori, in modo netto e senza giri di parole: «Il palco è un onore, non un diritto»: così il nostro Paese non può più fare da comparsa, ma assumere un ruolo di protagonismo in Europa.
1. Dal comunicato alla realtà: cosa c’è sul campo
Confimprenditori punta il dito contro un Green Deal ritenuto oggi «ideologico, miope e privo di basi industriali», che sta gravando sulle PMI dell’indotto automotive, costrette a chiudere o licenziare. A suo avviso, la Cina sta invadendo il mercato europeo con auto elettriche a basso costo — e questo senza un’adeguata strategia del Vecchio Continente. Ruvolo aggiunge: «Il governo ha l’occasione di incidere davvero, di passare dalle parole ai fatti».
2. Il coro europeo di allarme
L’Italia non è sola in questa battaglia.
Il ministro dell’Industria Adolfo Urso ha definito il divieto UE del motore a combustione a partire dal 2035 una «pazzia», in grado di minacciare centinaia di migliaia di posti di lavoro, chiedendo una revisione o almeno flessibilità nell’applicazione.
La premier Giorgia Meloni ha messo in guardia contro una “desertificazione industriale” dell’Europa, chiedendo di considerare combustibili alternativi come biofuel e idrogeno e una valutazione delle emissioni sul ciclo di vita completo del veicolo.
Anche il Parlamento europeo ha riconosciuto il problema, approvando modifiche alla normativa CO₂ che concedono più tempo alle imprese per adeguarsi.
3. Le ragioni del dissenso
Institutional research rivela che il Green Deal impone alle auto nuove (fossil‑fuel) un’inesorabile transizione all’elettrico entro il 2035.Tuttavia, molte PMI europee faticano a sostenere l’innovazione richiesta, sia per costi elevati sia per gap tecnologici rispetto ai giganti cinesi o statunitensi. I costi di adeguamento normativo pesano moltissimo: basti pensare che le direttive ambientali impongono spese medie di centinaia di euro a impresa.
4. Serve un piano industriale europeo strutturato
Secondo Ruvolo, la risposta non può essere solo ideologica: ci vuole un vero piano industriale europeo, con investimenti mirati, incentivi alle filiere locali e la neutralità tecnologica. Solo così si potrà competere con chi, come la Cina, produce auto elettriche a costi competitivi sfruttando economie di scala e manodopera a basso costo.
5. L’ultima chiamata: Italia protagonista o comparsa?
Il 17 luglio a Roma, il messaggio è stato chiaro: «senza voto favorevole dell’Italia quel bilancio non potrà passare». È una mossa audace: un governo che si schiera contro l’intera architettura del Green Deal non lo si vedeva da tempo. Confimprenditori invita a trasformare questa dichiarazione in pratica politica — non più “camerieri” ma “capotavola” in Europa.
6. Conclusione: l’ora della responsabilità
Lo slancio europeo per la decarbonizzazione è sacrosanto, ma un approccio rigido rischia di spogliare l’Europa della sua linfa produttiva. Quello italiano, allineato a numerosi partner, chiede equilibrio tra transizione verde e sicurezza industriale, tra ecosostenibilità e redditività.
Il comunicato di Ruvolo è una chiamata alle armi: difendere le nostre imprese, non subire ancora un’agenda imposta da Bruxelles. Adesso spetta al governo, e all’Italia, decidere se restare spettatori o diventare finalmente attori davvero protagonisti del nuovo corso europeo.